Pandoro? Panettone? Ma no, provate gli atayef!

E’ da un po’ che non scrivo nulla che riguardi la cucina e, visto che sta arrivando il Natale e che tutti noi, chi di meno e chi di più, saremo davanti ai fornelli, vi consiglio un’alternativa ai classici panettone e pandoro, per un tocco originale che non guasta mai.

Originario della Palestina, è un dolce assai diffuso in diversi altri Paesi arabi – quali Marocco, Egitto, Siria e Libano – e preparato soprattutto nel mese di Ramadan, ma anche in occasione delle feste natalizie: ecco gli atayef (o qatayef), pancake ripieni di ricotta e pistacchi!

Qui sotto trovate la ricetta, tratta da arabpress.eu. Buon Natale e buon appetito! 😉

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Ingredienti:

Per la pasta:

  • 300g di farina
  • 50g di semolino
  • 750ml d’acqua tiepida
  • 125ml di latte tiepido
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
  • 1 cucchiaino di lievito secco da pane
  • un pizzico di bicarbonato
  • un pizzico di sale

Per il ripieno:

  • ricotta
  • zucchero
  • acqua di fiori d’arancio
  • pistacchi

Preparazione:

Unire tutti gli ingredienti secchi e poi aggiungere il latte e l’acqua. Mescolare per bene fino ad ottenere una pastella liscia e omogenea. Lasciare da parte e far riposare circa 30 minuti.

Dopo di che, far scaldare una padella antiaderente e ungerla con poco olio e procedere alla cottura dei pancake: servendovi di un cucchiaio, versate il composto sulla padella calda, formando dei piccoli dischi. Far cuocere solo da un lato per qualche minuto.

Una volta cotti i pancake, lasciarli raffreddare e preparare il ripieno. Mescolare la ricotta con poco zucchero e con qualche goccia di acqua di fiori di arancio. Tritare finemente i pistacchi e lasciarli da parte in una ciotola.

Gli atayef posso essere confezionati in diversi modi: posso essere farciti e poi chiusi a metà, formando un semicerchio, oppure possono essere prima chiusi da una sola estremità e poi farciti con la crema di ricotta e immersi nel trito di pistacchi (come nella foto).

 

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Mantova 3-7 settembre: al Festival della Letteratura c’è anche la Palestina

downloadQuest’anno a Festivaletteratura, tra i molti percorsi che il pubblico potrà seguire, uno merita particolare attenzione per l’occasione che concede di avvicinarsi alla produzione letteraria di un paese che, ora più che mai, disorienta per la sua complessa stratificazione. Mantova ospiterà, infatti, alcuni degli autori di punta della letteratura palestinese, come Murid Barghouti e Suad Amiry (trovate una sua intervista qui), ma saranno presenti anche figure di grande rilievo nella diffusione di questa letteratura in Italia, tra cui la traduttrice Elisabetta Bartuli e Wasim Dahmash, ricercatore di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Cagliari, che aiuteranno gli spettatori degli incontri a meglio entrare nella cultura scrittoria della Palestina. A questo proposito buona attenzione sarà riservata anche a Mahmud Darwish, considerato da molti come il miglior poeta contemporaneo in lingua araba e non solo.

Si inizia venerdì 5 con un evento che sicuramente inaugura l’itinerario sulla letteratura palestinese in maniera coinvolgente: si tratta di un translation slam (Evento 69, venerdì 5 ore 10.45, Chiesa di Santa Maria della Vittoria). Due traduttrici italiane si sfideranno su un componimento del poeta Murid Barghouti. Il pubblico sarà chiamato a partecipare in prima persona nella valutazione della versione migliore e potrà così entrare pienamente nella lingua araba e gustarsi al meglio la poetica dell’autore che sarà presente. Assistendo a questo primo incontro sarà poi più apprezzabile quello successivo (Evento 81, venerdì 5 ore 14.30, Conservatorio di musica Lucio Campiani) dal titolo La poesia della terra, che avrà come protagonista sempre Murid Barghouti, accompagnato questa volta dall’intellettuale palestinese Wasim Dahmash; preparato e, in un certo senso, introdotto dal translation slam della mattina, chi decide di partecipare sarà pronto a comprendere più soddisfacentemente lo scrittore, che parlerà, così come suggerisce il titolo, della poesia della propria terra e di come attraverso le parole e la letteratura si possa in un certo senso riscattarla e perpetuarla.

Sabato 6 sarà, invece, la giornata dedicata a Mahmud Darwish. Anche in questo caso la concatenazione degli eventi permetterà di immergersi in modo migliore nell’opera e nella personalità dell’autore in questione. Alle 19 (Cinema Oberdan), infatti, si potrà vedere Write down, I am an arab, film che fa luce, anche grazie a materiali inediti, sulla vita e l’esperienza artistca del poeta palestinese. Con tempismo perfetto, subito dopo (Evento 187, ore 21.15, Conservatorio di musica Lucio Campiani), il pubblico potrà prendere parte ad Affinché il vento non mi disperda, commemorazione letteraria proprio in onore di Darwish, in occasione dell’uscita in Italia di “Una trilogia palestinese”, raccolta dei suoi più importanti testi in prosa.

La stessa cosa vale per la giornata conclusiva di domenica con l’autrice Suad Amiry, che si è saputa distinguere negli anni per la profonda vena di ironia con cui affronta i temi più disparati, anche i più drammatici. Il primo evento a lei dedicato è il Blurandevù delle ore 12.00 (Piazza Leon Battista Alberti). Sarà interessante vedere come i giovani intervistatori metteranno alla prova la scrittrice e architetto palestinese con le loro domande curiose e originali. Il pubblico avrà modo di conoscerla sotto aspetti meno usuali e arrivare all’Evento 230 (Ore 16.45,Teatro Ariston) con un bagaglio di informazioni utili per partecipare con coinvolgimento all’incontro tra la Amiry e Dahmash, Una bellezza senza dimora, che, anche attraverso l’ultimo libro dell’autrice, verterà sull’importanza per l’identità palestinese dell’esperienza di espropriazione del patrimonio architettonico e, in particolare, della propria casa. 

Si conclude con ciò il percorso sulla letteratura palestinese. Lo spettatore avrà avuto modo di avvicinarsi a molti aspetti di essa: dalla prosa alla poesia, dalla tragicità delle parole di Darwish all’umorismo agrodolce di Amiry, passando dalle opere di Barghouti attaccate all’ironia della realtà e alla realtà dell’ironia. Insomma, incontri da non perdere assolutamente, non solo per la rara possibilità che concedono di toccare con mano tutta un’area di letteratura non sempre così esplorata, eppure così fruttifera, ma anche perché, adattando le parole di Tullio Avoledo, che suggerisce caldamente alcuni degli eventi qui elencati, quest’anno questi autori potrebbero profondamente aiutare a capire cosa sta succedendo in Palestina, la loro terra.

tratto da festivaletteratura.it

Per tutto il programma del festival clicca qui

Non dimentichiamoli. Siamo tutti gazawi.

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di Manuela Ecate, volontaria Arci Servizio civile in Palestina

 

«M. come stai? Come sta la tua famiglia?» – Una chiamata segue l’altra allo stesso incessante ritmo dettato dal sopraggiungere di notizie. Notizie che riportano numeri. Numeri che erano vite: anziani, donne, uomini e bambini. Centoventuno bambini.  C’era una scuola e una piccola aula dove alcuni di quei bambini provavano a costruirsi un’esistenza che, se non spensierata, conservava lo spazio del gioco e un luogo in cui trovare un abbraccio e un sorriso. Boom! La scuola non esiste più e tu, che a lavorare qui non sei certo venuto per la crisi occupazionale del tuo Paese, quell’esplosione la senti fin dentro il cervello.

Negli ultimi cinque anni la popolazione di Gaza è stata brutalmente attaccata tre volte. Tre devastanti operazioni militari dai nomi altisonanti che tanto impropriamente utilizzano i termini di ‘difesa’ e ‘protezione’. Ma da chi? E per chi? Oltre alle scuole anche gli ospedali sono stati colpiti: medici, infermieri e volontari lavorano incessantemente da giorni senza tregua, senza stipendio e senza sonno. Alcuni tra loro rilasciano interviste, lanciano appelli riponendo fiducia in un’umanità che di certo non può restare silente, non può restare immobile perchè nella voce ferma e determinata del Direttore dell’ormai quasi inesistente ospedale Shifa di Gaza trova il coraggio di credere che non tutto sia perduto ma che la sua azione vada supportata. A seguito dell’inizio della operazione Protective Edge, il Ministero della Salute ha dichiarato lo stato di emergenza a Gaza, riferendo dell’assenza di moltissimi materiali necessari alla cura dei feriti.

Il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) hanno quindi attivato una operation room a cui partecipano i principali attori coinvolti nella fornitura di cure mediche nella Striscia di Gaza con il compito di monitorare i bisogni del sistema sanitario relativo a, tra gli altri, medicine e materiali sterili e monouso, produrre ed aggiornare le liste delle priorità, coordinare con le autorità israeliane le spedizioni dalla Cisgiordania a Gaza degli aiuti umanitari, distribuire il materiale raccolto tra le strutture di assistenza sanitaria ancora operative nella Striscia. In risposta alla dichiarazione di stato di emergenza del Ministero della Salute palestinese e alla richiesta di un aiuto urgente e concreto, le ONG firmatarie si sono riunite e hanno deciso di lanciare una raccolta fondi nazionale ed internazionale allo scopo di raccogliere donazioni  per l’acquisto di medicinali ed altri materiali sanitari. 

A dieci giorni dall’avvio della campagna, grazie alle donazioni pervenute, è stato possibile ordinare ventimila euro tra farmaci e prodotti monouso che verranno consegnati tra oggi e domani direttamente all’ospedale Shifa di Gaza City. 

Lo stato di emergenza però non solo continua ma si aggrava; in due settimane sono stati uccisi 600 palestinesi e, mentre il Ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni dichiara che «un cessate il fuoco non è vicino», medici, giornalisti, volontari e attivisti continuano a restare al fianco della popolazione gazawi. Nelson Mandela diceva «La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti». Non dimentichiamolo.

Non dimentichiamoli. Siamo tutti gazawi.

tratto da arci.it