A gennaio 2011, appena un mese prima che scoppiasse la rivoluzione siriana, sono tornata nel mio mondo arabo, nel Medio Oriente che tanto amo, per riascoltare la voce del muezzin, acquistare i saponi e i pistacchi di Aleppo, emozionarmi alla moschea degli Omayyadi a Damasco, ammirare le maestose rovine di Palmira, arrivando quasi fino al confine iracheno. E parlare di nuovo una lingua melodiosa, scherzare con la gente e scoprire nuove sfaccettature di una cultura così diversa dalla mia. Pensare che ora molto di ciò che ho visto non esiste più, che molti di quei sorrisi si sono spenti per sempre, mi fa sentire impotente, inutile. Ora se ne parla poco in tv, ma in Siria è ancora guerra. Un fermento che era sotterraneo in quel gennaio di tre anni fa e che poi è esploso ed è purtroppo cresciuto, diventando odio. E chissà quando tutto quest’odio lascerà il posto alla ragione. Spero in un futuro migliore per quelle persone che ancora convivono con queste atrocità. Inshallah.