Poco tempo fa una persona cara mi ha mandato un articolo molto interessante di Luigi Crimella sull’immigrazione e su quanto essa convenga o meno agli italiani. Un articolo con delle cifre, dei dati certi e non con delle dicerie o supposizioni. Un articolo in cui non appare la famosa cifra dei fittizi 35 euro al giorno, che a volte diventano 45 o altre addirittura 75, i quali vengono generosamente offerti agli immigrati sfaticati che invadono il nostro paese. Invasione. Siamo allo stremo, non ne possiamo più, ci rubano un lavoro che non c’è. Crimella ci informa che i migranti nel mondo sono oltre 200 milioni e nel nostro paese ce ne sono appena 5-6 milioni: di questi gran parte, aggiungo io, è in movimento perché preferisce andare in Germania o in nord Europa dove le condizioni di vita sono migliori. Ma l’Italia, come la Grecia, sono terre di passaggio e c’è chi arriva perché fugge da guerre e persecuzioni e chi semplicemente è in cerca di un lavoro. Voi non ve ne andate all’estero a cercare lavoro? Molti migranti si adattano a lavori umili o in cui vengono estremamente sfruttati e pagati pochissimo, perché, piuttosto che non mandare a casa nulla ed essere sbeffeggiati in madrepatria, è meglio raccogliere i pomodori sotto il sole delle due di pomeriggio. Voi lo fareste? Io no. E c’è chi pensa che tutti i migranti lavorino “in nero” e che non paghino le tasse. Crimella ci offre dei dati della fondazione Moressa che ha calcolato un totale di 16,5 miliardi di euro che entrano nelle casse dello Stato da parte degli immigrati. A fronte di quanto lo Stato spende per i migranti, tra spese sanitarie, scolastiche, sociali, abitative, giudiziarie ed economiche, che è un totale di 12,6 miliardi di euro, c’è un disavanzo che resta a suo favore di 3,9 miliardi. E poi vogliamo parlare di quanti giovani migranti ci sono in Italia? Il 15% del totale e sono molto importanti, perché contribuiscono ad alzare il tasso demografico, che altrimenti vedrebbe il nostro amato paese scomparire. Nonostante questo, lo scopo di molti politicanti è quello di chiudere le frontiere, di rimandarli a casa loro, perché noi non abbiamo gli strumenti per “mantenerli”. Non ci accorgiamo che sono i migranti che stanno salvando la nostra economia, non ci accorgiamo che sono loro che stanno pagando le pensioni ai nostri anziani (per le pensioni, infatti, versano 7,5 miliardi di euro e ne ricevono 600 milioni), ma, al contrario, pensiamo a costruire muri, come si sta progettando tra Ungheria e Serbia oppure come è accaduto a Ventimiglia, in cui la gendarmeria francese ha ostruito il passaggio a tantissime persone accampate sugli scogli senza un minimo di supporto, senza dignità. E se lì ci fossero i vostri figli? Vi comportereste allo stesso modo? I migranti sono “delinquenti”, noi no. I migranti rubano, spacciano, uccidono. Noi no. I migranti parlano a voce alta, sono volgari, maleducati, puzzano. Noi no. Purtroppo la percezione degli italiani è questa. Spesso perché montata dalla stampa, dal clamore di alcune notizie che vengono “gonfiate” appositamente da giornalisti schierati politicamente o comunque poco professionali. O semplicemente molto spesso la nostra percezione è quella che nasce dalla nostra ignoranza, dalla non conoscenza dell’altro, del diverso e quindi dal timore che ne deriva. A volte è difficile abbattere dei pregiudizi che sono insiti in noi e che vengono meno solo nel momento in cui conosciamo una persona, ci mangiamo insieme, ci discutiamo e alla fine ci instauriamo un’amicizia. Ma senza questi passaggi obbligatori non siamo capaci di non giudicare. Rendiamocene conto e per una buona volta non alziamo le nostre barriere di difesa, perché non c’è niente, ma proprio niente di cui aver paura.
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Ascoli Piceno: a Terre senza Promesse c’ero anch’io!
Lo scorso giovedì 8 maggio ho partecipato a questa interessante iniziativa ad Ascoli Piceno insieme a Oliviero Forti, responsabile ufficio Immigrazione della Caritas Italiana e Valentina Tortorella, avvocato immigrazionista.
Far parte di questa tavola rotonda, in una sala piena di persone interessate, è stato emozionante e formante.
Prima di tutto l’intervento di Oliviero Forti che ha introdotto il tema, parlando di migranti economici e di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, due “tipologie” molto diverse di esperienze di migrazione. Ha parlato anche degli scafisti, quei trafficanti di esseri umani, che però danno loro una speranza di raggiungere la salvezza. E poi di tanto altro.
In conclusione l’intervento di Valentina Tortorella, che ha voluto offrirci uno spaccato di come i migranti ormai stanziali o semi-stanziali in Italia riescono ad andare avanti, tra pregiudizi, discriminazioni e tante, troppe difficoltà.
In mezzo, io. Emozionata, ho iniziato a parlare delle mie esperienze di migrazione, di come anch’io, seppur in minima parte, ho provato il trauma della migrazione. Ho descritto il mio amato lavoro come mediatrice linguistica e culturale all’associazione Casa delle Culture di Jesi e come operatrice sociale al Gus Onlus in progetti di accoglienza per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. Ho accennato a quante soddisfazioni sa darmi l’insegnare la lingua italiana a persone che non la conoscono affatto. Ma soprattutto ho raccontato una storia, che ho scritto tempo fa. Ho cercato di far immedesimare le persone presenti in ciò che ha vissuto una donna, che ho conosciuto anni fa, arrivata dall’Etiopia a Lampedusa dopo il viaggio della speranza, attraverso il mare dei morti, il mar Mediterraneo, e successivamente accolta in un progetto in cui lavoravo. Ho raccontato della sua forza, della sua voglia di vivere, nonostante tutto. E di come, anche se con mille difficoltà, in parte sia riuscita a ricostruirsi una vita. Mi sono resa conto di quanto questa storia sia ancora attuale e di quanto, però, lei sia stata “fortunata” rispetto ad altre persone che non ce l’hanno fatta. Penso a Lampedusa. Alle bare. Penso ai sogni annegati in mare.
La tavola rotonda è terminata con tante domande, un dibattito acceso e coinvolgente. Qui trovate qualche foto di una bellissima esperienza che spero sia servita soprattutto per sensibilizzare chi ha ancora troppi pregiudizi nei confronti dell’altro, del diverso e per provare ad aprire un piccolo spiraglio verso l’accoglienza nei confronti di chi ha la sfortuna di nascere in un paese che non è la nostra cara bella Italia.